Sima’an Jaraisi è vice parroco a Nàzaret. Racconta che la guerra ha bloccato ogni attività comunitaria e coperto in un’oscurità sempre più fitta ogni sguardo sulla dignità che spetta a chi vive a Gaza. L’impotenza a soccorrersi vicendevolmente e reagire alla privazione del necessario quotidiano è la normalità, eppure “mai siamo saziati di fraternità” e tanti fra mussulmani, cristiani, drusi, ebrei si oppongono a tanto odio.
Questa tenacia consente di sperare che il tempo non sia scaduto nemmeno in Terra Santa e avvenga il miracolo della pace.


Anwar Abu Eisheh che è docente alla Al Quds University di Hebron ed è stato Ministro della cultura dell’Autorità Palestinese, ripete il dolore dell’essere impotenti di fronte alla sofferenza che dilaga ed è convinto che la soluzione debba essere politica e giuridica. È palestinese e non può nascondere le irruzioni dei coloni anche nella sua casa e la violenza fatta al padre, il sradicamento forzato di intere famiglie dai luoghi dove avevano sempre abitato e ora la necessità di andare dai coloni a comprare a cifre esose l’acqua che non arriva più in Cisgiordania e a Gaza. Moltissimi sono i bambini che subiscono le offese più gravi e che muoiono per i bombardamenti negli ospedali, nelle scuole, nei centri per sfollati. Anwar dice che il suo desiderio più grande sarebbe quello
di poter vincere la violenza nella testa di questi bimbi, vittime di oggi, perché l’odio non li trasformi nei kamikaze di domani.