La seconda giornata di Tonalestate, dal titolo “Love”, come ha detto Elena Lanzoni, presidente di Tonalestate, vuole fare da ponte tra l’io e il tu.
La mattina, dedicata al dialogo interreligioso, si è aperta con l’intervento del rabbino Abraham Skorka, già rettore del Seminario Rabbinico di Buenos Aires, il quale ha dato una visione secondo la Bibbia ebrea e la letteratura rabbinica su come affrontare il grave problema dei derelitti del secolo ventunesimo, che sono la conseguenza di culture dominanti nelle quali il rispetto al prossimo è giunto ormai a un livello infimo. Molti che detengono il potere nelle grandi nazioni, ha dichiarato il rabbino Abraham Skorka, si considerano divinità, col diritto di decidere sulla vita e la morte di milioni di persone. Nella nostra società, il dialogo è ormai quasi inesistente. E anche le grandi scoperte scientifiche e tecnologiche, che potrebbero risolvere molti dei problemi dell’umanità, si trovano in mano di tanti che invece le usano solo a proprio vantaggio. In una situazione come quella attuale, è importante ridare valore al dialogo e alla virtù dell’umiltà.
A seguire, Tareq Oubrou, grande imam di Bordeaux, il quale ha condiviso tre piste di lettura sul tema proposto da Tonalestate. La prima riguarda la dignità dell’essere umano: essa è inalienabile, perché ogni uomo è abitato da un essere celeste. La seconda ci fa riflettere sulla “teologia della riuscita”, invitandoci a scardinarla: Dio è vicino a chi è in difficoltà e al “perdente”. Terza accezione: il destino. Un piano è in atto in cui il male è presente; perciò, sembra non poterci essere un dio. Al suo posto, sorgono dei laici che non sanno guarire l’angoscia umana. Certo non conosciamo l’avvenire, ma è necessario attuare una “Jihad” interna alla persona, una lotta che vinca il male che ognuno può fare.
Abbiamo poi potuto ascoltare la testimonianza del padre Jean Marie Lassausse, sacerdote di Mission de France che abita in Africa da 45 anni e che, dopo il Marocco, la Tanzania e l’Egitto, vive ormai da 25 anni in Algeria. È stato per molti anni responsabile del monastero di Thiberine dopo l’assassinio di sette monaci cistercensi nel 1996. Padre Lassausse ha raccontato del suo lavoro come visitatore dei prigionieri in 12 carceri algerine, con nomi e storie di fratelli e sorelle con cui vive quotidianamente, facendo da ponte tra la prigione e l’esterno e, soprattutto, tra i prigionieri e le loro famiglie in una dedizione silenziosa, coraggiosa e fedele.
La mattinata si è conclusa con una tavola rotonda animata da Angela Volpe e che ha riunito i tre relatori per dialogare con il pubblico. In particolare, una studentessa di Hong Kong ha posto una domanda circa il rapporto tra l’uomo e il Mistero nelle tre fedi monoteiste. Il rabbino Skorka, parlando della figura di Giobbe, ha ricordato che siamo limitati in quanto uomini ed è necessario riconoscere che nessun uomo è un dio. L’imam Oubrou ha ricordato che siamo il luogo in cui si incontrano due mondi, uno visibile e l’altro invisibile e che solo Dio conosce oltre l’apparenza. Il padre Lassausse ha aggiunto che il Mistero si svela, si nasconde nella vita dell’uomo e che non c’è solo la ricerca da parte dell’uomo, ma anche la chiamata da parte di Dio e la nostra azione si unisce, così, all’azione del Mistero.
Il pomeriggio aveva per titolo: “esperienze/experiences/expériences/经验/experiencias/تجارب/חוויות/経験/”, attraverso le voci di Jean Tonglet, volontario permanente di ATD Quarto Mondo, Beata Uwase, sopravvissuta al genocidio in Rwanda (Africa), Maida Ochoa, docente di Letteratura a Tegucigalpa (Honduras) e Merle Whistler, rappresentante della tribù Oglala Lakota (Stati Uniti).
Jean Tonglet ha presentato una ricerca sulla povertà svolta dal Movimento ATD Quarto Mondo in collaborazione con l’università di Oxford. Con questo lavoro, la voce dei più poveri è potuta entrare nell’ambiente accademico, affinché le soluzioni per sradicare la povertà siano cercate insieme a chi la vive in prima persona.
Beata Uwase ha raccontato la sua esperienza personale del genocidio avvenuto in Rwanda, a cui è scampata miracolosamente all’età di cinque anni, salvata da un vicino dell’etnia nemica che la soccorse e la nascose a rischio della vita. Parlando dei gacaca, tribunali comunitari in Rwanda, a cui lei stessa ha preso parte, Beata Uwase ha testimoniato il lungo lavoro di ascolto, della capacità di confrontarsi con il dolore e del perdono che ha consentito al Rwanda la riconciliazione e la rinascita come popolo e come nazione.
Dall’Africa ci siamo poi spostati in Honduras. Maida Ochoa, docente universitaria, dopo una panoramica sulla situazione educativa del suo paese, ha condiviso con il pubblico del Tonalestate la sua esperienza personale. In particolare, ha raccontato dell’amicizia con il professor Giovanni Riva che l’ha portata ad interessarsi del suo paese con il desiderio di collaborare allo sviluppo e alla crescita del suo popolo, impegnandosi in ambito educativo, sia dentro che fuori dall’università, per trasmettere ai giovani l’importanza di preoccuparsi per gli altri. Così è nata anche l’iniziativa Libros libres che da circa 13 anni, attraverso l’Asociación Hondureña para Obras Sociales (AHPOS) e grazie anche al sostegno dell’associazione I Santi Innocenti, accompagna bambini e ragazzi figli dei commercianti del mercato Los Dolores nel centro di Tegucigalpa.
Infine, abbiamo avuto modo di ascoltare la testimonianza di Merle Whistler che ha condiviso la sua storia e quella della tribù Oglala Lakota a cui appartiene, raccontando delle terre e delle risorse che sono state loro sottratte e del razzismo di cui sono vittime i nativi americani. Merle Whistler ha sottolineato il desiderio di trasmettere la saggezza ricevuta dai suoi antenati e dalle sue parole è emerso chiaramente il desiderio di pace del suo popolo: “I bambini piccoli camminano e giocano con delle piume nella mia riserva mentre altrove giocano con armi di plastica. […] Noi vogliamo solo vivere in pace ed è molto difficile. Non desideriamo ricchezza, perché non è parte della nostra cultura”.
La giornata si è conclusa con la proiezione de “Gli ultimi derelitti” che riunisce estratti di diversi lavori documentari del giornalista freelance Giorgio Fornoni. Questa serata ci ha così messo davanti ad alcuni drammi e situazioni che toccano il mondo intero: dal commercio del coltan nella Repubblica Democratica del Congo, a Korbocho, dal Saharawi alle mine del Kurdistan, da Calcutta all’eldorado di ghiaccio al confine tra il Perù e la Bolivia fino al Messico, con la testimonianza del lavoro gratuito svolto da un gruppo di donne chiamate Las Patronas per portare un po’ di soccorso ai migranti che si nascondono sui treni per passare il confine verso gli Stati Uniti. Non solo, dunque, denuncia di ingiustizie e sofferenze nei documentari di Giorgio Fornoni, ma anche segni di speranza.
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