di Quitzé Sabillón
Sono entusiasta di poter collaborare a questa nuova edizione di Tonalestate, anche in questa nuova modalità che, anche se non fisicamente, ci permettere di essere i contatto da tutte le città del mondo.
La città nell’arte spesso è stata la quinta scenica in cui le passioni, le inquietudini, le paure e i desideri dell’uomo si sono alternate da sempre: luci e tenebre, mari, montagne, deserti, e poi campi di battaglia, terre conquistate, terre sante e di crociate, città ideali o utopiche, scene di vita quotidiana, di angosce, di speranza, di sogno, di protesta e di umile domanda sono alcuni dei molti scenari che, pensando alla rappresentazioni delle città nell’arte, si potrebbero citare.
La città, come forse si potrebbe pensare, non è mai statica, ma sempre in costante evoluzione, ovviamente in sintonia con il contesto storico. Nell’antichità la città è il luogo delle grandi gesta e delle guerre, ne è una testimonianza la famosissima Colonna Traiana, realizzata da Apollodoro di Damasco, in cui scene di guerre si stagliano su sfondi naturalistici; nel medioevo la vediamo circondata dalle mura che delimitano i suoi confini, la difendono e la proteggono dalle calamità, ma che, allo stesso tempo, ne assicurano l’identità. Le immagini delle città sono comunque immagini simboliche e, infatti, non è strano vederle rappresentate murate dentro a forme geometriche, che molto probabilmente richiamano una sorta di città perfetta, la Civitas Dei. Nella seconda metà del Quattrocento vedremo artisti avvicinarsi ai nuovi principi della prospettiva e, in pieno Rinascimento, farne un uso sapiente, creando spazi ben ragionati e saldamente costruiti, luoghi ideali in cui l’uomo può finalmente occupare il ruolo che gli spetta. Si pensi alla Scuola di Atene di Raffaello, in cui la reinterpretazione della Basilica di Massenzio con la sua volta a cassettoni fa da fondale ai maggiori filosofi dell’antichità. Inoltre, bisogna ricordare anche il grande sviluppo urbanistico e architettonico che si compie a Roma a cavallo tra Cinquecento e Seicento.
Nel Seicento vedremo una diversità di rappresentazioni figurative, che vanno dai vedutisti – Vermeer e Canaletto in primis – fino alle scene di genere dei Bamboccianti; un approccio, se vogliamo, più reale e sincero rispetto alla pittura rinascimentale. Poi, nel Settecento, il Grand Tour in cui i viaggiatori si fanno ritrarre ai piedi delle antiche vestigia romane da artisti come Pompeo Batoni, o arrivare sino a Pompei per ammirare le rovine della città. Il “Viaggio in Italia” era fondamentale per lo studio dell’arte romana e rinascimentale, che sarà fondamentale per il periodo Neoclassico.
E, anche in questo ritorno ai principi compositivi di ordine, simmetria e proporzione, i palcoscenici si riempiono di strade, portici e palazzi che decantano la narrazione della storia.
Per gli impressionisti, la Parigi ottocentesca e la vita spensierata e piacevole sono la scusa perfetta per studiare la luce e i colori; Monet arrivò a dipingere quarantadue versioni diverse della stessa veduta della cattedrale di Rouen.
Con l’età contemporanea, la città sarà, ancor più, soggetto prediletto: dall’esaltazione futurista – che vede nella modernità e il progresso, nella velocità e nel dinamismo i nuovi punti di riferimento della sua pittura – fino al dadaismo, che in essa vede il luogo del crimine, dell’alienazione dell’uomo e della sua autodistruzione, passando poi per la desolazione delle piazze metafisiche di De Chirico. Infatti, sembra che la città diventi luogo di solitudine, come Edward Hopper ci mostra nelle periferie borghesi americane.
Infine, la città si trasforma nella tela dell’artista, in cui il dialogo con il pubblico e con il contesto danno un senso unico alle immagini, come lo street artist Banksy riesce con i suoi provocatori graffiti.
Ma vorrei finire con gli scorci di città dipinti da Vincent Van Gogh che, nella sua vibrante pittura, fa emergere il desiderio che ogni uomo nasconde nell’intimo del suo cuore: che le strade della città, lungo le quali gli uomini corrono e si incrociano, non siano un fiume di solitudine, ma che la goccia dell’uno insieme alla goccia dell’altro possano formare un grande e calmo lago, la città di una armoniosa convivenza fra gli esseri umani.
Buenos Aires, 6 agosto 2020
Quitzè Sabillon licenciado en Historia y Conservación del patrimonio cultural en Roma y maestro in Historia del Arte. Después de vivir y trabajar en Tegucigalpa, como docente en la escuela de artes de la Universidad Tecnológica Centroamericana UNITEC (2011-2018), se trasladó a Buenos Aires donde reside actualmente.