di Edoardo Menichelli

L’iniziativa “Tonalestate 2020” presenta come tema un’espressione latina “ab urbe tradita” con l’intento di discutere e approfondire il tema della città che di tempo in tempo viene consegnata alle nuove generazioni. La parola città, in questo caso, non si riferisce ad un agglomerato urbano quanto piuttosto alla civitas storica, all’organizzazione sociale che l’uomo nei secoli si è costruito e tramandato. In poche parole nel tema è sottintesa una domanda: che “città” vogliamo o usando, un’espressione di Sant’Agostino quale “città degli uomini” vogliamo?
Da questa volontà di costruzione “dell’habitat umano” nascono delle indicazioni che l’umanità dovrebbe accogliere e meditare perché non si costruisca “una città degli uomini” contrapposta alla città di Dio.
Non sono un esperto capace di offrire indicazioni specificatamente utili. Mi sforzerò, ubbidendo alla sollecitazione di Maria Paola Azzali di offrire qualche traccia di riflessione spero utile per l’iniziativa che in modo singolare quest’anno l’Opera di Nàzaret vive. 
Nella storia non c’è mai stata una forma perfetta per l’organizzazione sociale degli uomini per il motivo classico e ben noto che c’è sempre stato e continua ad esserci, in giro, il virus egoistico del potere:  “governare” o “servire”?. Tuttavia non bisogna arrendersi ed è lodevole il tentativo storico di migliorare la convivenza sociale.
Mi sembra che anche alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa, tre siano i punti forti di riferimento:

  1. La persona umana. Al centro di ogni organizzazione sociale deve essere posta la persona umana, la sua sacralità intoccabile, la sua soggettività da rispettare, i suoi diritti da accogliere e organizzare e i suoi doveri da compiere. La centralità della persona umana nell’organizzazione sociale deve portare chi di tempo in tempo esercita il governare a rispettare la dignità di ogni persona e spingere in modo del tutto singolare a proteggere i soggetti più vulnerabili della società. Se c’è il rispetto della persona umana dovrebbero trovare liberazione i poveri e dovrebbe essere allontanato l’egoismo dominato dal denaro. La persona umana non può essere mai considerata come un mezzo, mai può essere commercializzata, piuttosto va sempre riconosciuta la sua unicità, la sua intoccabilità, senza mai dimenticare che ogni persona, come i discepoli di Gesù sanno e devono testimoniare, è abitazione di Dio: è questo l’elemento sorgivo della dignità e della responsabilità personale di custodire questo dono.
  2. La democrazia. Per una degna organizzazione della vita sociale bisogna essere consapevoli che non esiste un “Deus ex machina” capace di interpretare la collettività. Come esiste la sacralità della persona, così va riconosciuta la sacralità del popolo che lo spinge e lo autorizza a darsi orientamenti e governi. La democrazia impegna, richiede la partecipazione di tutti, e ha la forza nella volontà del popolo che la celebra, non solo “delegando” e scegliendo col voto ma giudicando e partecipando. La storia di tempo in tempo ha sopportato grandi disastri originati da totalitarismi e da deboli democrazie. Mi piace consegnare un piccolo slogan: “la democrazia dipende anche da me”.
  3. Il bene comune. Una società civile si misura non dagli squilibri che l’egoismo o cattivi poteri provocano ma da quel bene comune che rispetta competenze, premia professionalità ma soprattutto solleva i poveri, custodisce le famiglie, cura i malati, protegge gli anziani. Il bene comune è il compito principale di una vera democratica organizzazione sociale che deve essere impegnata nel combattere due peccati sociali: “l’iniquità” e la “inequità”. Centro di questo bene comune è il lavoro che diventa strumento della dignità umana e coefficiente della crescita familiare e sociale. Vorrei aggiungere che questo bene comune ha bisogno non di un appiattimento ideologico ma di saper e voler armonizzare le differenze per quella comunione che genera e salvaguardia il bene di tutti. I possibili conflitti sociali sono sempre segno di qualcosa che si pone come disfunzionale alla comunione che richiede invece relazioni pacifiche e pacificanti. 

Se nell’organizzare la vita sociale viene a mancare uno dei suddetti elementi si rischia di vivere in uno stato confusionale, quasi un labirinto dove trovano soluzioni solo i potenti: la vita sociale non può pensare di costruirsi sulle ideologie che di tempo in tempo hanno provocato sofferenze, quanto piuttosto sulle idee che guardano al futuro, riconoscono la storia e fanno godere di un presente pacifico.
Buon lavoro a chi partecipa a “Tonalestate”.

Il Cardinal Edoardo Menichelli è arcivescovo emerito di Ancona-Osimo